Oggetti in viaggio. Possibili narrazioni per le esposizioni itineranti 1900-1952
Oggetti in viaggio
Possibili narrazioni per le esposizioni itineranti 1900-1952
Guest Editor: Paola Cordera
Negli anni Cinquanta, in sede internazionale si è sviluppato tra gli studiosi e i professionisti museali un forte interesse per le mostre itineranti come format specifico, caratterizzato da peculiari principi teorici, finalità e problemi tecnici. Un intero numero del Museum Journal dell’ICOM è stato dedicato nel 1950 a questi temi. Nel ricondurre le origini di questa tipologia espositiva al mondo britannico, la museologa Grace L. McCann Morley Osborne rilevava come il fenomeno, poi estesosi al Canada, agli Stati Uniti, al Sudafrica e all’Australia fosse stato essenziale nella diffusione della conoscenza e quale stimolo di scambi culturali. Tre anni più tardi, Elodie Courter Osborn – già direttrice delle mostre itineranti del Museum of Modern Art di New York – compilò il Manuale UNESCO per le mostre itineranti, mettendo in luce le sfide organizzative e progettuali che questo tipo di esposizioni implicava e condividendo suggerimenti e consigli tecnici sviluppati durante la sua esperienza professionale al MoMA.
Rispetto ai musei e alle gallerie tradizionali, le esposizioni itineranti potevano beneficiare della disponibilità di una più ampia scelta di oggetti, location e professionalità. La selezione dei curatori poteva infatti orientarsi su tipologie di opere, come disegni o stampe, che per la loro intrinseca natura, venivano normalmente essere esposte per un periodo limitato. Il percorso espositivo poteva essere utilmente integrato da riproduzioni e fac-simile, qualora gli originali non potessero essere spostati per motivi di sicurezza o di conservazione. Biblioteche, scuole o centri commerciali andavano poi a costituire valide alternative ai luoghi tradizionalmente deputati all’esposizione, ovvero i musei. Infine, attori tradizionali e “non convenzionali” – tra gli altri, politici, diplomatici, direttori e curatori di musei, collezionisti privati, uomini d'affari, critici d’arte e giornalisti – andavano a comporre una complessa rete di relazioni, a sostegno delle sfide messe in capo per garantire il buon esito delle varie iniziative.
Nel promuovere una conoscenza e una comprensione più profonda delle diverse culture presso un ampio pubblico, le mostre itineranti hanno indubbiamente concorso a rafforzare legami culturali e politici e rapporti di collaborazione culturale e contribuito ad accrescere l’interesse del pubblico, determinando un accresciuto numero di visitatori nelle diverse sedi museali. Sebbene le dimensioni e il livello di complessità gestionale fossero piuttosto eterogenee e dipendessero dalle singole iniziative, in generale si può constatare come le diverse rassegne espositive potessero contare su un programma articolato, che consentiva alle istituzioni partecipanti di condividere costi di produzione, sforzi organizzativi, filosofia di allestimento, strategie espositive e campagne promozionali.
Alcune di queste mostre sono già state oggetto di indagine. Recenti studi si sono focalizzati su alcune esposizioni itineranti che hanno svolto un ruolo cruciale sotto il profilo diplomatico e commerciale – ad esempio, Italy at Work (Stati Uniti), Weberpackung in America, Tapeten in USA e Textilien aus USA (Germania) – o hanno contribuito a promuovere un esplicito (e deleterio) programma politico e ideologico – ad esempio Die Entartete Kunst Ausstellung (Germania).
Eppure, poche sono state le ricerche che hanno indagato le mostre itineranti in un quadro più ampio e articolato, il loro riflesso sulla società contemporanea e la loro eredità materiale e culturale.
Questa call intende sollecitare una discussione transdisciplinare su come le mostre itineranti abbiano contribuito alla crescita della conoscenza nell’ambito delle arti, delle arti decorative, dell’artigianato, della moda e del design.
Il numero di MMD si propone di affrontare il tema all’interno di un ampio orizzonte, fornendo nuovi spunti di riflessione e un diverso modo di comprendere artefatti, persone e idee staccati dalla loro consueta esposizione, indagare i motivi e le modalità delle scelte espositive messe in campo, e i modi in cui idee, forme e allestimenti specifici sono stati percepiti al di fuori del loro contesto originario. I termini cronologici vanno dall’inizio del XX secolo al 1952 (anno che ha visto l’inizio dell’attività dello Smithsonian Institution Traveling Exhibition Service).
I contributi possono riguardare, anche se non in via esclusiva, i seguenti argomenti:
- Casi di studio relativi a specifiche mostre itineranti e al loro impatto sulle comunità locali o globali;
- Istituzioni o personalità (collezionisti, curatori e/o direttori di musei) coinvolti in mostre itineranti;
- Casi di studio che implicano strategie espositive condivise;
- Possibili confronti tra narrazioni diverse di uno stesso evento;
- Approcci alla conservazione, alla pubblicazione e alla comunicazione della memoria delle mostre itineranti;
- Pratiche storiche di gestione dei rischi derivanti dall’imballaggio e dalla spedizione di oggetti al fine di garantirne la sicurezza, oltre che la qualità dell’allestimento in condizioni diverse da quelle solite.
I contributi dovranno essere inviati come abstract (massimo 3000 caratteri, spazi inclusi) in italiano, inglese o francese e accompagnati da un breve profilo biografico dell’autore (massimo 1000 caratteri, spazi inclusi) alla redazione (mmdjournal@unibo.it) e al guest editor (paola.cordera@polimi.it) entro il 1° luglio 2024.
In caso di accettazione, i contributi definitivi dovranno essere consegnati entro il 15 gennaio 2025 per essere sottoposti a peer review.
Principali scadenze:
- Dead-line per la presentazione della proposta di abstract: 1° luglio 2024
- Notifica di accettazione: 1° settembre 2024
- Presentazione dell’articolo completo (comprese le immagini): 15 gennaio 2025
- Consegna agli autori dei testi peer reviewed per eventuali modifiche: 1° aprile 2025
- Invio del testo finale: 15 maggio 2025